I racconti della GMG di Lisbona

I racconti della GMG di Lisbona

I racconti della GMG di Lisbona 

A Lisbona ho vissuto la GMG per la prima volta. Ad essere sincero, non mi hanno mai appassionato questo tipo di manifestazioni, sia per i disagi che comportano, sia perché li ritenevo appunto eventi per giovani, con uno stile che non apprezzavo. É certamente un’esperienza unica di Chiesa universale, che mostra soprattutto il suo volto giovane. É stato bello vedere tantissime persone, di ogni razza e lingua, ciascuna con la misura di fede che solo Dio sa valutare, riunite nel nome di Gesù, chiamate dal Papa per esprimere il loro essere cristiani. Forse per l’età, ma soprattutto per il carattere, certi momenti non mi hanno entusiasmato, quali ad esempio le esibizioni dei dee-jay e rimango perplesso all’idea di celebrare una Messa “oceanica”, con tantissime persone. Le catechesi e gli interventi del Papa a mio avviso sono state poco incisive e avevano generalmente una tonalità un po’ melanconica, volevano infondere speranza ma sottolineavano un po’ troppo le debolezze e le fragilità dei giovani, senza mettere in luce soprattutto i loro punti di forza e le loro potenzialità. Alcune testimonianze sono state molto belle e toccanti, forse è mancato un po’ il riferimento alla “normalità” della vita cristiana, specialmente quella dei giovani. Questo mi ha fatto riflettere sul fatto che la carta vincente non sono i singoli momenti della GMG, anche perché talvolta non è possibile goderli appieno (della Via Crucis, che è stata molto apprezzata, ho potuto sentire buona parte delle riflessioni, ma dalla posizione del mio gruppo non vedevo neanche lo schermo), ma è l’esperienza globale quella che “lascia il segno”.
Come rettore, ho visto con piacere che i seminaristi sono riusciti ad adattarsi e hanno accettato con semplicità (quasi tutti) di vivere l’esperienza insieme, dormendo nello stesso stanzone, condividendo le fatiche e le gioie, senza fare particolari tragedie. Pur dopo le iniziali perplessità e qualche lamentela da parte di alcuni, il bilancio finale dei ragazzi è stato ampiamente positivo. Vedere tanti giovani uniti nella fede è stata anche occasione per tutti di incoraggiamento. Ritengo sia stato, altresì, molto importante, per molti di noi che vivono tutto sommato in mezzo alle comodità, il misurarci con il disagio, aggravato da una organizzazione talvolta poco efficiente.

Don Roberto Ghiani
Rettore del Seminario Arcivescovile

Questa è stata la mia prima GMG e devo dire che per me è stata molto importante per alcuni aspetti, primo fra tutti l’esperienza dell’immensità della Chiesa.
Certo, eravamo solo una piccola parte rispetto a tutti i battezzati nel mondo, ma bastava per rendersi conto di quanto il Vangelo nei secoli sia stato portato in tutto il mondo e quanto sia bello almeno una volta condividere la propria fede con altri in un così grande evento.
Un altro aspetto che mi ha colpito sono stati i momenti di preghiera, in particolare la Via crucis: vedere tantissimi giovani come me che con grande attenzione seguivano in silenzio la preghiera, mi ha commosso e mi ha permesso di pregare davvero bene, con ammirazione per la dedizione di alcuni che avevo vicino.
L’ultimo aspetto che metto in risalto è quello della fraternità/condivisione: l’esperienza della GMG – come altre analoghe – è stata bella anche per la condivisione delle giornate con i compagni di viaggio; dolori, fatiche, risate e scherzi, silenzio e attenzione per l’altro e tanta compagnia… insomma, non sono solo, non siamo soli!

Lorenzo Vacca

“Ésta es la juventud del papa!”. Sono queste le prime parole che i giovani appena arrivati a Lisbona facevano risuonare chiassosamente tra i palazzi della città. Fu la prima cosa a colpirmi. Da ogni strada sbucavano colori, bandiere, volti, sorrisi ed erano veramente tanti! Continuavo a chiedermi: Cosa li spinge a venire qui? Cosa muove tutto questo? Possono sembrare domande scontatissime, è Cristo che li chiama, è il papa che li invita.
Ma continuavo a rimanere sorpreso. Ho visto coi miei occhi, durante la GMG, quel brillare di cui ha parlato il Santo Padre alla Messa conclusiva, quel brillare di chi ha “semplicemente” accolto Gesù e si è messo sulla sua strada. Ho visto il brillare di una Chiesa piena di vitalità, che non è grande perché è perfetta e ben ordinata, ma è grande per quel grande gesto di amore di Cristo che dona la sua vita. Mi fa rabbrividire. Quell’unico gesto così insignificante per molti, così silenzioso, così lontano, nei giorni della GMG ha radunato un milione e mezzo di persone!
“Cosa portiamo con noi ritornando alla vita quotidiana?” chiede il papa durante I’omelia dell’ultima Messa. È difficile rispondere dopo un’esperienza così forte. Ma sicuramente porto a casa una nuova consapevolezza su cosa “brilla” davvero e un po’ di coraggio in più a correre quel rischio che è amare.

Enrico Muscas

La GMG di Lisbona è stata un’esperienza straordinaria, una testimonianza vivente di condivisione, di fede e di unità, che ha lasciato un’impronta profonda nel mio cuore! Un viaggio pieno di emozioni e sorrisi, ma anche di tanta fatica, ripagata nel vedere la gioia e la felicità nei volti dei ragazzi! Un evento a cui hanno partecipato un milione e seicentomila giovani provenienti da tutto il mondo. Questa è la testimonianza che i giovani ancora credono e ancora sperano. La Chiesa è una comunità viva, I giovani sono presenti nella Chiesa e continuano a credere. La condivisione di tutto questo tempo vissuto insieme tra noi seminaristi e con altri giovani, ci ha donato la possibilità di apprezzarne l’unicità di ciascuno, riconoscendone in ognuno la presenza di Dio.
L’esperienza è stata intensa e coinvolgente: dalla visita al santuario della Madonna di Fatima, la bellissima festa degli italiani, la via crucis, fino alla suggestiva veglia che ha riunito una folla di giovani alla riflessione profonda sul significato di appartenenza e incontro con Dio e con gli altri. La GMG ha offerto non solo un rafforzamento della fede, ma anche l’opportunità di allargare gli orizzonti culturali e spirituali. L’incontro con i giovani provenienti da diverse parti del mondo ci ha donato una ricchezza immensa di culture diverse e ci ha rivelato l’universalità della fede e l’unità che essa può creare. Tutto questo in una città stupenda come Lisbona!
Insieme, abbiamo vissuto un’esperienza unica, dove i nostri cuori, i nostri sorrisi e le nostre fatiche si sono fusi in un abbraccio fraterno. Un ricordo indimenticabile che mi ha donato la grazia di riscoprire amicizie profonde e la bellezza di un cammino condiviso insieme.

Don Antonio Micciché

Quest’anno la Giornata Mondiale della Gioventù si è svolta a Lisbona, con la presenza di ben 1,5 milioni di giovani cattolici radunati da tutto il mondo, e soprattutto con la presenza di Papa Francesco. La nostra arcidiocesi di Cagliari ha portato ben 220 giovani tra oratori e seminario. È stata un’esperienza veramente bella, che ci ha permesso di conoscere nuove realtà, nuovi ragazzi che venivano da ogni parte del mondo. Una frase che può riassumere questi giorni, compresi gli incontri con il Santo Padre, è questa: “Tutto si paga, solo l’amore di Gesù è gratis!” Ho potuto sperimentare con mano, in questa settimana, quanto questa frase dice, tra i milioni di giovani si poteva percepire quanto l’amore di Gesù sia veramente GRATIS, un amore incondizionato che non chiede nulla in cambio e che, appunto, è sempre in mezzo a noi. Con le fatiche che questa esperienza ci preparava siamo comunque riusciti a viverla al meglio: pregando, commuovendoci, divertendoci e volendoci bene gli uni gli altri. Spero ancora di poter partecipare a giornate come queste. Prossima tappa Giubileo a Roma nel 2025. Che il Signore ci assista e ci accompagni sempre in ogni suo progetto.

Cristian Mascia

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Due anni di pastorale a Sant’Ugo: la mia esperienza a Roma

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Cre-Grest TuxTutti all’Oratorio di Elmas

Cre-Grest TuxTutti all’Oratorio di Elmas

Cre-Grest TuxTutti all’Oratorio di Elmas 

Dal 3 al 28 luglio alcuni seminaristi, Giovanni Maria Carboni, Lorenzo Vacca e Claudio Pireddu, hanno vissuto il cre-grest parrocchiale all’oratorio di Elmas.

È stata un’esperienza che ha coinvolto circa 60 bambini di età compresa tra i 6 ai 12 anni, accompagnati dai tanti animatori dell’oratorio che per la prima volta si accingevano a vivere un modo diverso di essere Chiesa. Il tema del Cre proposto dall’arcidiocesi di Cagliari, TUXTUTTI, ha dato il colore alle giornate, accompagnandole con tematiche come l’ascolto, il prendersi cura, l’attesa. All’inizio di ogni giornata era sempre presente un momento di preghiera introduttivo con una piccola catechesi; dopo il ballo dell’inno, ci si divideva in squadre per fare i laboratori, dove i bambini hanno potuto approfondire diverse attività: in particolare il canto, il ballo, il disegno artistico, il cucito e un laboratorio sul modo di vivere le emozioni.

È stato significativo vedere come questi laboratori siano stati possibili anche grazie a tanti adulti che, con spirito di servizio, hanno voluto mettere a disposizione il loro tempo le loro capacità per prendersi cura dei bambini.

Una volta terminati i laboratori, ci si recava a pranzo e nel dopopranzo si proponeva un film o un cartone animato; quest’attività era dettata anche dal fatto che le temperature elevate non permettevano in quella fascia oraria di poter giocare all’aperto.

Verso le 15 iniziava il “terzo tempo”, un momento in cui si faceva un’attività a tema, che poteva consistere in una recita oppure in un gioco. Infine la giornata terminava con il ballo dell’inno.

«È stata un’esperienza in cui ho potuto dare la mia persona con la mia fede, anche grazie alla disponibilità e all’apertura del parroco, don Marco Orrù, e dei ragazzi dell’oratorio – dice Claudio – e poter camminare con loro. Vivere per la prima volta il CRE da animatore vuol dire sperimentare le insicurezze, le paure, ma che queste vengono meno nel momento in cui si cammina insieme e si vede come quella gioia lasciata nei bambini, è quel seme gettato nel terreno, che, se la persona lo accoglie, porterà frutto».

Assieme all’esperienza dell’oratorio, esperienza centrale, non è mancata quella del vivere insieme: «ho vissuto quest’esperienza – commenta Giovanni Maria – insieme a Claudio e a Lorenzo, con cui abbiamo condiviso non solo le attività in oratorio, ma anche la quotidianità di queste 4 settimane. È quest’ultimo un valore aggiunto, in quanto ha permesso di approfondire le relazioni di amicizia tra noi. Lavorare insieme per una medesima finalità ci ha unito come gruppo e ci ha permesso di valorizzare i risultati, e supportarci nei momenti di difficoltà».

Anche Lorenzo valuta positivamente quest’esperienza: «l’esperienza a Elmas è stata l’occasione per poter vivere con profondità l’oratorio estivo. In cinque anni di seminario mi è capitato di fare tante attività, di diverso tipo, ma mai in oratorio: per questo motivo mi è servita tanto. Due cose mi hanno particolarmente colpito: collaborare con gli animatori (e quindi stare con loro, fare un’esperienza di gruppo) e la fraternità insieme al parroco, don Marco, e ai miei due compagni: Giovanni Maria e Claudio.

Questa è stata l’occasione ottimale per mettere a servizio le tante cose che in seminario si possono imparare, soprattutto l’aspetto comunitario: condividere le idee nell’organizzazione e le intere giornate con dei compagni di viaggio, credo sia una bella occasione per imparare uno stile, quello della fraternità».

Giovanni Maria Carboni, Claudio Pireddu e Lorenzo Vacca

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Due anni di pastorale a Sant’Ugo: la mia esperienza a Roma

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Spiritualità con i monaci di Praglia

Spiritualità con i monaci di Praglia

Spiritualità con i monaci di Praglia 

Per due estati consecutive l’Abbazia di Praglia è stata – e rimane – un importante riferimento per trascorrere qualche giorno nel silenzio e nella preghiera, per una rilettura dell’anno seminaristico appena trascorso e per un po’ di riposo.

Costruita tra l’XI e il XII secolo alle pendici dei Colli Euganei, l’Abbazia di Praglia conta attualmente poco più di 30 membri ed è la comunità benedettina (maschile) più numerosa d’Italia. La maggior parte dei monaci vive stabilmente a Praglia, mentre alcuni di essi vivono nelle tre case dipendenti di San Giorgio Maggiore, a Venezia, Monte della Madonna, a Teolo, e Sadhu Benedict Moth, in Bangladesh.

Ogni giorno i monaci si dedicano alla celebrazione comunitaria della Liturgia delle Ore e dell’Eucaristia, assieme alla personale relazione con la Parola di Dio mediante la Lectio Divina, strumento con cui il monaco si allena a riconoscere la voce del Signore. Un altro aspetto che caratterizza la vita dei monaci è quello del lavoro, essenziale per San Benedetto. Attraverso di esso i monaci guadagnano da vivere, provvedono alla manutenzione ordinaria del monastero e vanno in aiuto a varie situazioni di bisogno e povertà.

Ma oltre a preghiera e lavoro, un aspetto centrale della vita monastica è proprio l’ospitalità, così come esige la Regola: «Tutti gli ospiti che sopravvengono siano accolti come Cristo perché lui stesso dirà: Sono stato ospite e mi avete accolto» (RB 53). L’ospitalità benedettina è un’esperienza pienamente spirituale, umana e culturale che permette agli ospiti di vivere un periodo di raccoglimento e ricerca spirituale intenso attraverso la partecipazione alla vita dei monaci

La giornata comincia la mattina presto (5.15) con la preghiera del Mattutino e uno spazio per la Lectio Divina personale di circa un’ora. Seguono le Lodi, la celebrazione dell’Eucaristia e l’Ora Terza.

Durante la mattina si ha la possibilità di collaborare al lavoro che i monaci svolgono quotidianamente nel monastero, come nel laboratorio erboristico o del miele. La giornata si conclude con la preghiera dell’Ora Sesta e il pranzo. Tutti i pasti si svolgono con un rigoroso silenzio, in cui l’unica voce è quella del lettore che accompagna il pasto con delle letture spirituali.

Nel pomeriggio, dopo la preghiera dell’Ora Nona, si ha del tempo libero per la preghiera personale, colloqui con i monaci e per visitare, anche con una guida, le aree di interesse del monastero: tre dei quattro chiostri presenti (il quarto non è visitabile perché nella clausura), la sala capitolare del XV-XVI sec., il refettorio monumentale dello stesso periodo, la loggetta detta “del Fogazzaro”, in omaggio allo scrittore vicentino che la descrisse nel suo Piccolo mondo moderno, la biblioteca antica del sec. XVI e la chiesa abbaziale del XV-XVI sec. dedicata alla Beata Vergine Maria Assunta.

Dopo la preghiera dei Vespri, la cena e Compieta, il suono delle campane ricorda che la giornata è giunta ormai al termine e tutti sono invitati a rientrare nella propria cella e mantenere un clima di silenzio fino all’indomani.

Enrico Muscas

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Due anni di pastorale a Sant’Ugo: la mia esperienza a Roma

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Giornate di comunità del Seminario Maggiore

Giornate di comunità del Seminario Maggiore

Giornate di comunità del Seminario Maggiore 

Giornate di fraternità e condivisione dal 30 agosto al 2 settembre per i seminaristi di Cagliari presso il Centro Pastorale diocesano “Piergiorgio Frassati” ad Alghero.

Fraternamente accolti da don Giampiero Piras, responsabile della casa, e da S.E. Mons. Mauro M. Morfino, Vescovo di Alghero-Bosa, abbiamo trascorso alcuni giorni insieme per programmare il nuovo anno formativo e mettere al centro della nostra riflessione il tema delle relazioni.

A guidarci nel corso dei primi due incontri è stato il Dott. Davide De Villa, psicologo e psicoterapeuta impegnato da tempo in una collaborazione con la comunità del Pontificio Seminario Regionale Sardo. Dialoghi, laboratori e narrazione di esperienze hanno caratterizzato la proposta del Dott. De Villa che, al termine dei due incontri, si è detto molto soddisfatto dell’esperienza condivisa con i presenti.

La riflessione sul tema scelto è stata poi proseguita dal rettore, don Roberto Ghiani, che l’ha sviluppata nei suoi aspetti biblici e formativi. Naturalmente, i giorni trascorsi ad Alghero segnano solamente il “lancio” del tema che sarà sviluppato gradualmente durante l’anno con incontri periodici.

Anche l’Arcivescovo, di ritorno da Siracusa, dove ha celebrato i settanta anni dal prodigio della Madonna delle Lacrime, non è voluto mancare, condividendo con noi la celebrazione della Eucarestia e i momenti di fraternità, partecipando anche alla condivisione sulle varie esperienze estive vissute dai 22 seminaristi cagliaritani.

Oltre agli incontri trascorsi all’interno della casa, abbiamo goduto delle bellezze naturalistiche offerte dal territorio, con la visita al complesso forestale di Punta Giglio e alla spiaggia di Maria Pia, e apprezzato il patrimonio storico-artistico della città catalana, con la visita alla splendida cattedrale di Santa Maria e ai suggestivi bastioni che ne circondano il centro storico.

L’occasione è stata propizia per conoscere ed accogliere i quattro nuovi seminaristi che si inseriranno a settembre nella comunità del Pontificio Seminario Regionale Sardo: Alberto Caocci, Michele Fanunza, Giacomo Pisano e Paolo Vacca.

La tre giorni di Alghero si è ufficialmente conclusa nella Sala Benedetto XVI del Seminario Arcivescovile dove, dopo gli interventi del rettore e di Mons. Baturi, i seminaristi si sono presentati al clero della diocesi.

“L’auspicio – ha affermato l’Arcivescovo – è che questo incontro diventi una consuetudine annuale in cui presentare al clero i giovani in cammino verso il sacerdozio per inserirli gradualmente nella comunità del presbiterio diocesano in cui, a Dio piacendo, un giorno entreranno a far parte”.

Leonardo Piras

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Due anni di pastorale a Sant’Ugo: la mia esperienza a Roma

Due anni di pastorale a Sant’Ugo: la mia esperienza a Roma

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