“Andate e invitate al banchetto tutti”: Veglia missionaria diocesana

“Andate e invitate al banchetto tutti”: Veglia missionaria diocesana

Andate e invitate al banchetto tutti”:

Veglia Missionaria Diocesana

Si è svolta giovedì 17 ottobre la Veglia Missionaria Diocesana presso la Chiesa dei Santi Giorgio e Caterina in Cagliari in vista della XCVIII Giornata Missionaria Mondiale, in programma per domenica 20 ottobre. Nel suo messaggio il Santo Padre invita ogni battezzato a riscoprire il proprio dinamismo missionario, esortando la Chiesa a essere una “Chiesa in uscita”.

L’arcivescovo S.E.R. Mons. Giuseppe Baturi ha presieduto il momento di preghiera, animato dal Centro Missionario Diocesano, diretto da Padre Gian Paolo Uras della Comunità Missionaria di Villaregia, e da alcuni seminaristi del Pontificio Seminario Regionale Sardo.

La parabola evangelica del banchetto nuziale (cfr Mt 22,1-14) e il messaggio del pontefice per la Giornata Missionaria Mondiale 2024 sono stati il filo conduttore della preghiera e della riflessione, attraverso tre scenari sui quali meditare: 1) il rifiuto di chi ha già il “suo” banchetto; 2) l’accoglienza dei “senza banchetto”; 3) il banchetto “derubato”. Tutti siamo chiamati a ricostruire insieme un mondo fondato sulla giustizia e sulla pace, a servire con coraggio il nostro prossimo, a testimoniare la gioia dell’amore in Cristo.

Il Signore opera costantemente attraverso dei testimoni che con coraggio e umiltà si fanno strumento per invitare tutti al Suo banchetto. Annalena Tonelli, laica missionaria, martire in Somaliland, ha risposto con fiducia alla chiamata di Cristo, calandosi fino in fondo tra gli abbandonati, in mezzo alla miseria, all’ignoranza e alla fame. Annalena, come ha ricordato nella testimonianza il nipote Andrea Saletti, ripeteva con forza come il problema dell’Africa sia “la fame dell’amore e la sete della tenerezza”, alle quali l’uomo deve farsi presente con la sua vera essenza, ossia la compassione, che diviene amore, responsabilità e cura. Farsi “concime della terra, da cui Dio farà germogliare dei fiori splendenti di colori”.

L’Arcivescovo nella sua omelia non ha mancato di ribadire come il cristiano sia chiamato a essere colui che veglia davanti alla guerra, alla fame, alla distruzione, per divenire quel punto da cui far sentire i gemiti e le speranze degli uomini. I cristiani nel mondo devono essere luogo di comunione, di amicizia e di amore, quel luogo dove il mondo può ascoltare la voce di Dio e Dio la voce degli uomini che noi rappresentiamo. Ma solo dando noi stessi possiamo rispondere alla domanda profonda dell’uomo, facendoci noi stessi invito di Dio alla festa, con una vita rallegrata che si fa credibilità della gioia della fede in Cristo. Perché tutti coloro che hanno fame e sete possano sedersi a tavola e banchettare alla tavola dell’incontro con Dio.

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Due anni di pastorale a Sant’Ugo: la mia esperienza a Roma

Due anni di pastorale a Sant’Ugo: la mia esperienza a Roma

Due anni di pastorale a Sant’Ugo: la mia esperienza a Roma 

Mi chiamo Cristiano Pani, ho 21 anni e quest’anno ho terminato il biennio filosofico presso il Pontificio Seminario Romano Maggiore.

In questi due anni che ho trascorso a Roma ho prestato servizio nella parrocchia di Sant’Ugo, situata nel quartiere Serpentara; una parrocchia assai giovane, fondata nel 1985 dal cardinale vicario Ugo Poletti, la cui chiesa è stata consacrata nel 1991 e attualmente comprende un territorio di circa 20.000 abitanti. Rispetto ai numeri standard delle parrocchie della nostra diocesi, ho incontrato un ambiente molto più vasto, in cui mi sono potuto confrontare con tante realtà diverse. In primis sottolineo la ricchezza data dalla diversità di provenienze dei sacerdoti, dei diaconi e dei seminaristi che, come me, sono stati in questa comunità durante questi due anni. Si passa, infatti, da Roma alla Colombia, alla Puglia, alla Calabria, Uganda e persino Vietnam; questo ha permesso una condivisione ad ampio raggio, in cui ciascuno ha potuto leggere dai racconti dell’altro come la santa madre Chiesa, in tante forme variegate, continua la sua missione, affidatale dallo stesso Gesù Cristo, di portare la buona novella ad ogni uomo sulla faccia della terra. La stessa parrocchia coltiva lo spirito missionario, collaborando in una missione in Mozambico.

La comunità di Sant’Ugo è molto attiva e si prende cura di ogni persona, attraverso gruppi che coinvolgono tutte le fasce d’età. Il parroco, Don Diego Conforzi, mi ha affidato il compito di parlare di Gesù ai più piccoli, ogni venerdì, seguendo il gruppo dell’Azione Cattolica composto da bambini dai 6 agli 8 anni, collaborando con due ragazze da tempo inserite nell’AC. Lo stesso giorno, con cadenza settimanale, ho affiancato due catechisti del post-cresima, occupandomi quindi dei ragazzi adolescenti, con i quali abbiamo vissuto anche la bella esperienza della convivenza quotidiana negli ambienti parrocchiali, durante i 10 giorni di missione che ogni anno aprono la ripresa in seminario dopo le vacanze estive. In questo stesso contesto ho sperimentato, da una parte, le difficoltà di una grande città, in cui opera anche la criminalità, in quanto, appena arrivato là per la missione, ho subito un furto in cui a me e ai miei compagni sono stati sottratti i bagagli. Dall’altra parte, invece, ho incontrato il buon cuore di tanti cristiani e dei sacerdoti, che con le loro opere buone continuano a risplendere come la lampada che Sant’Ugo tiene in mano e ci hanno aiutato a rimediare al danno subito, per poter continuare la nostra attività con il gruppo dei giovani. Possano valere per tutti loro le parole del Signore quando dice: “Chi avrà dato da bere anche un solo bicchiere d’acqua fresca a uno di questi piccoli perché è un discepolo, in verità io vi dico: non perderà la sua ricompensa” (Mt 10, 42).

Ogni domenica, infine, ho prestato servizio nell’aula del catechismo in preparazione alle prime comunioni, insieme ad una catechista che da tanti anni si dedica a questo; abbiamo accompagnato i bambini nello scoprire sempre di più la buona notizia annunciata nelle Scritture e il tesoro di grazia contenuto nella frequentazione dei Sacramenti.

Con tanta gratitudine per quanto ricevuto, ho terminato quest’anno il mio servizio presso la parrocchia Sant’Ugo, che mi lascia un bel bagaglio di esperienze vissute da custodire.

Cristiano Pani

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Una comunità che si fa famiglia: l’esperienza pastorale a S. Pantaleo

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Sono Michele, ho 26 anni e ho vissuto l’esperienza pastorale del fine settimana, in questo I anno al Pontificio Seminario Regionale Sardo, presso la Parrocchia San Pantaleo in Dolianova, insieme a Mario, un compagno proveniente dalla diocesi di Ozieri.

La comunità non era a me totalmente sconosciuta, sia per via dell’amicizia con il parroco, don Mario Pili, come me originario di Settimo San Pietro, sia per l’amicizia con alcuni ragazzi dell’oratorio, diversi conosciuti negli anni grazie ai pellegrinaggi a Lourdes dell’Unitalsi. Tuttavia, è stato diverso trovarmi lì come ‘inviato’ e non come ‘semplice spettatore’ o ospite. L’anno appena trascorso è stato, quindi, una grande occasione di crescita, umana, formativa e spirituale. Un invito all’attenzione e alla disponibilità verso Colui che “fa nuove tutte le cose” per cogliere sempre più un elemento di novità e di ricchezza in ogni momento vissuto e in ogni volto incontrato. Per uno come me, abituato a voler fare tante (forse troppe) cose, la pastorale mi ha educato al saper stare, soprattutto nel silenzio e nell’ascolto dell’altro.

La bellezza e il fascino della Cattedrale romanica, ex sede dell’antica diocesi di Dolia, si riflettono nella ricchezza umana di una comunità dove tanti, giovani e meno giovani, si spendono secondo la propria sensibilità e i propri doni nella diversità dei servizi. Dal catechismo, all’animazione liturgica, dall’oratorio alle feste tradizionali, come quel “meraviglioso poliedro” che è la Chiesa.

Come seminaristi, oltre all’animazione della messa e al servizio liturgico, abbiamo avuto l’opportunità di vivere diversi momenti insieme ai giovani animatori dell’oratorio, anche di respiro diocesano o legate all’Azione Cattolica, e di incontrare nelle aule del catechismo i bambini dopo la messa della domenica. Non solo lo stare con i piccoli, ma anche con coloro che necessitano di uno sguardo e di un’attenzione particolare: in me sono impressi gli sguardi, i saluti e le parole di coloro che sono ospiti presso la Casa dell’Età Serena “Monsignor E. Piovella”, sotto la cura delle Suore Compassioniste Serve di Maria.

Come ricorda papa Francesco, “la Chiesa è e deve essere la famiglia di Dio”. Posso senz’altro dire che il mio cuore è colmo di gratitudine perché in quest’anno pastorale mi sono sentito accolto e a casa. La gioia e l’affetto della comunità sono stati reale espressione di quello spirito di familiarità della Chiesa, di cui siamo chiamati a essere “pietre vive”. Tanto è stato ciò che ho ricevuto e che, davanti al cammino che mi attende, custodisco nel cuore, con lo sguardo rivolto al Signore per una comunità, S. Pantaleo, che è stata per me reale famiglia di Dio.

Michele Fanunza

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Contributi ricevuti dal Seminario Arcivescovile nell’anno 2023

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Ai sensi di quanto previsto dall’art. 1, commi 125-129, Legge 4 agosto 2017, n.124, in tema di adempimento degli obblighi di trasparenza e di pubblicità, di seguito si riportano le informazioni relative ai contributi che il Seminario Arcivescovile di Cagliari (C.F. 80004290922) ha ricevuto nell’anno 2023, come indicato nella Circolare del Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali n. 2 del 11.01.2019:

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Testimonianze di fede e comunità: un anno pastorale a San Luca

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L’anno pastorale, appena trascorso, ci ha visti impegnati nella parrocchia di San Luca, situata nel quartiere di Margine Rosso in Quartu Sant’Elena, e amministrata dal parroco don Davide Collu.

Fin dal primo istante, uno degli aspetti che più ci colpì fu la vitalità e la bellezza della comunità. Siamo stati accolti da bambini, ragazzi di tutte le età, neo sposi, genitori, nonni. Sembrava di stare in una grande casa, in cui si respirava una certa familiarità con tutti, dai più grandi ai più piccoli. Questa impressione non ha riguardato unicamente il primo incontro, ma ci ha accompagnato per tutto l’anno. Questi rapporti, infatti, sono stati coltivati all’interno della parrocchia, con gli incontri di catechismo, con le attività in oratorio, con le chiacchierate prima della Messa e con i momenti liberi tra un incontro e l’altro. La maggior parte dei parrocchiani non vive lì come semplice spettatore, ma come protagonista, ciascuno contribuendo con ciò che ha di più prezioso: il proprio tempo e talento. Chi si dedica al catechismo, chi si occupa della chiesa, chi cura i canti, chi si preoccupa della carità: ognuno offre il proprio dono e rimane fedele a questo impegno.

La gratitudine che accompagna quest’anno di esperienza pastorale riguarda, inoltre, la vitale realtà oratoriale che ogni sabato ci ha visti implicati direttamente con i ragazzi. Vedere tanti giovani spendersi per conoscere di più quel Dio che ha intercettato la loro vita, ci ha permesso di conoscere la profondità delle loro esigenze, delle loro aspettative, di quel desiderio puro e semplice di seguire Gesù. Non siamo rimasti inattivi: anche noi abbiamo avuto il privilegio di dare il nostro contributo alla comunità. Abbiamo affiancato i più grandi nel catechismo, preparando i bambini ai sacramenti, aiutandoli a conoscere quel Dio che suscita tanti interrogativi ma che ispira loro un amore sconfinato. Ci siamo immersi nell’organizzazione degli incontri vocazionali per i ragazzi e abbiamo contribuito alla preparazione dei bambini che si avvicinavano per la prima volta al catechismo e alla Messa.

Alla fine di un lungo anno, la ricchezza di esperienze, di benevolenza e di insegnamenti è immensa. Abbiamo ricevuto tanto da questa comunità, profondamente affezionata a Gesù, e da don Davide, che ci ha sempre incoraggiato ed aiutato a metterci in gioco, testimoniandoci la bellezza di una vita donata a Gesù. Con gratitudine e affetto guardiamo a quest’anno pastorale certi che ciò che è stato costruito e donato ci accompagnerà nel nostro cammino, con la speranza di aver lasciato anche noi un segno in tutti i volti che abbiamo incontrato.

Alberto Caocci e Tore Caria

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