«Fare casa, costruire la Chiesa»: Giornata Diocesana dei Ministranti

«Fare casa, costruire la Chiesa»: Giornata Diocesana dei Ministranti

«Fare casa, costruire la Chiesa»: Giornata Diocesana dei Ministranti

«Fare Casa, costruire la Chiesa»: questo è il tema della Giornata Diocesana dei Ministranti 2024, svoltasi lo scorso 25 aprile a Selargius, presso la Parrocchia del SS. Salvatore.

A colorare i locali della parrocchia retta dai religiosi orionini c’erano ben 105 ministranti, provenienti da 12 parrocchie della Diocesi.

Ad accogliere i presenti è stato il nostro Arcivescovo Giuseppe, che ha espresso la gratitudine per il servizio svolto alla Chiesa da parte dei piccoli chierichetti e ricordato il loro compito di testimonianza e amore alla Chiesa.

La giornata si è poi svolta a partire da un breve sketch sul tema dell’incontro e una catechesi a cura di don Roberto Ghiani, Rettore del Seminario Arcivescovile e Direttore dell’Ufficio per la Pastorale vocazionale, che ha offerto ai giovani ministranti alcune piste di riflessione sulla vita ecclesiale a partire dal brano di Ef 2,19-22.

La riflessione a partire da quanto ascoltato è poi proseguita con le attività preparate e guidate dai giovani animatori della Parrocchia Madonna della Strada.

Al centro della giornata l’Eucarestia presieduta da Mons. Ferdinando Caschili e animata dai canti del coro giovanile diocesano. Nel corso della sua omelia, il Vicario Generale ha esortato i ministranti presenti a partecipare con intensità ed entusiasmo a momenti diocesani di questo genere per vivere con rinnovato slancio l’esperienza cristiana nelle comunità parrocchiali in cui prestano il loro generoso servizio.

Nel pomeriggio, al termine delle attività e con i ringraziamenti di don Ghiani, si è conclusa la Giornata Diocesana dei Ministranti 2024 con il desiderio di rivederci tutti in estate per vivere il Campo estivo per ministranti, sul quale saranno presto fornite indicazione più precise.

Leonardo Piras

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Due anni di pastorale a Sant’Ugo: la mia esperienza a Roma

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Esperienza Pastorale presso la Parrocchia S. Sebastiano in Elmas

Esperienza Pastorale presso la Parrocchia S. Sebastiano in Elmas

A partire da ottobre 2021 il seminario regionale mi ha assegnato come parrocchia per la pastorale nel fine settimana la parrocchia di san Sebastiano in Elmas, guidata dal parroco don Marco Orrù. Lo scorso anno l’arcivescovo mons. Baturi mi ha chiesto di continuare il mio percorso nella medesima parrocchia, iniziando il percorso di licenza presso la facoltà teologica di Cagliari. Ugualmente quest’anno l’arcivescovo mi ha comunicato come la mia esperienza a Elmas e la licenza fossero confermate ancora per un anno, unitamente a una nuova esperienza: l’insegnamento della religione cattolica presso due istituti superiori.

In dialogo con il parroco, mi sono inserito in diversi ambiti della parrocchia, tra cui principalmente quello della catechesi e della carità, presso la mensa e dispensario caritas parrocchiale. Inoltre vivo con gioia la mia esperienza in oratorio e nel gruppo AGESCI – Elmas 1. Noto come le persone che frequentano la comunità parrocchiale sappiano dimostrare costante affetto e premura sia nei miei confronti, sia in quelli del parroco. Ritengo che questa comunità parrocchiale sia capace di donare nuovi spunti per una sempre più necessaria “nuova evangelizzazione”. A tal proposito sono diverse le iniziative proposte, non ultima una particolare attenzione al percorso sinodale voluto da papa Francesco.

Quest’anno si caratterizza anche per il fatto che mi ha permesso un maggior inserimento nella vita della nostra Chiesa particolare: vi sono diversi momenti in cui ho modo di incontrare altri sacerdoti del clero diocesano, anche grazie ai rapporti di amicizia di alcuni sacerdoti con la comunità parrocchiale dove risiedo.

Vivere la comunità mi ha fatto meglio comprendere come sia necessario formarsi costantemente per poter essere capaci di «dare ragione» della nostra fede con efficacia. A tal proposito dedico parte della mia settimana al percorso di specializzazione accademico, insieme ai diversi appuntamenti diocesani che, sia come insegnante, sia come seminarista, mi sono proposti. Tra questi sto partecipando ai convegni di formazione biblica del servizio diocesano Verbum Domini presso la parrocchia sant’Eusebio di Cagliari.

In conclusione ringrazio il Signore dell’esperienza che mi sta facendo vivere, certo che possa essere di grande aiuto per il ministero a cui il Signore mi chiama.

Giovanni M. Carboni

La Dichiarazione Dignitas infinita circa la dignità umana/2

La Dichiarazione Dignitas infinita circa la dignità umana/2

La Dichiarazione Dignitas infinita circa la dignità umana/2 

Proseguiamo con la serie dei contributi (qui il primo) che illustrano i principali punti chiave della Dichiarazione Dignitas infinita del Dicastero per la Dottrina della Fede.

La definizione boeziana di persona (DI 9)

L’introduzione si conclude con un’analisi della definizione classica di persona di Boezio, «sostanza individuale di natura razionale», che va a significare e precisare tutti i termini. Per «sostanza individuale» si intende che la persona è «un soggetto che, ricevendo da Dio l’esistenza, “sussiste”, vale a dire esercita l’esistenza in modo autonomo», per cui la persona gode di dignità ontologica al livello metafisico dell’essere. Per «razionale» si fa riferimento a «tutte le capacità di un essere umano»: non solo le facoltà intellettuali del conoscere e comprendere, ma anche quelle del volere, dell’amare, dello scegliere e del desiderare e quelle corporee ad esse connesse. Si rimarca in questo modo l’importanza della dimensione corporea dell’uomo, spirito incarnato, evitando dualismi anima/corpo di matrice platonica o cartesiana. Il termine «natura» si riferisce alle «condizioni proprie dell’essere umano che rendono possibili le varie operazioni ed esperienze che lo caratterizzano»: la natura è intesa come il «principio dell’agire». Tale natura è un dono ricevuto da far fruttificare nel tempo.

Con queste precisazioni, che distinguono tra sostanza individuale e natura, la Dichiarazione può affermare che se per qualche causa la persona non è capace di mettere in atto le proprie capacità (natura), essa «sussiste sempre come “sostanza individuale” con tutta la sua inalienabile dignità» (ciò vale ad esempio per l’embrione, in chi è privo di sensi, nei momenti terminali dell’esistenza).

La scelta di riferirsi alla definizione boeziana di persona àncora l’argomentazione della dignità alla categoria metafisica di sostanza e riprende il modello classico circa le facoltà dell’essere umano (intelletto e volontà), integrando maggiormente la dimensione corporea. Si assiste quindi ad una ripresa di un linguaggio più proprio della filosofia scolastica, che può segnare un limite nel dialogo con le istanze culturali del mondo contemporaneo, per le quali il lessico classico non è sempre condiviso (ad esempio per le correnti transumaniste e postumaniste). D’altra parte, la sottolineatura delle capacità corporee significate dal termine «razionale» può essere una risposta alle correnti che svalutano il valore antropologico del corpo.

La progressiva consapevolezza della centralità della dignità umana

Il primo capitolo della Dichiarazione traccia una traiettoria ascendente circa la consapevolezza dell’importanza della dignità umana: partendo dall’antichità classica, passando per il mondo biblico e per il pensiero cristiano, viene proposto in estrema sintesi uno sviluppo storico che giunge fino ai tempi odierni. Data la brevità della trattazione, è possibile che il capitolo fosse in origine più articolato e che nelle varie modifiche abbia ricevuto non poche semplificazioni (la traiettoria biblica sulla dignità è tracciata in soli due paragrafi, uno per Testamento).

Se nell’antichità classica l’idea di dignità umana, inizialmente legata all’ambito sociale, viene intesa cosmologicamente (tutti gli esseri hanno dignità propria in base alla loro collocazione nel cosmo) (DI 10), la Rivelazione biblica insiste sul fondamento teologico della dignità dell’uomo, creato a immagine e somiglianza di Dio: «essere creati a immagine di Dio significa, pertanto, possedere in noi un valore sacro che trascende ogni distinzione sessuale, sociale, politica, culturale e religiosa» (DI 11). Escludendo ogni forma di riduzionismo (materiale, psichico, spirituale), il termine «immagine» raccoglie il significato della dignità dell’uomo e della donna. È ciò che viene rivelato nell’Esodo, insegnato nel Codice deuteronomico (Dt 12-16), richiamato con forza dai profeti (con l’attenzione al povero, alla vedova, all’orfano) e ripreso nella letteratura sapienziale. La stessa cura da riservare ad ogni uomo, in quanto creatura scelta e amata da Dio, è quella che viene annunciata da Cristo: l’interesse per degli “scartati” o emarginati (esattori delle tasse, donne, bambini, lebbrosi, ammalati, forestieri, vedove…) rivela «il valore e la dignità di tutti coloro che portano l’immagine di Dio» (DI 12).

Sviluppi storici 

La creazione ad immagine e somiglianza è anche la base dell’antropologia cristiana proposta dalla sintesi patristica. Accogliendo criticamente il pensiero filosofico antico, il pensiero cristiano medievale poi riconosce il ruolo singolare dell’uomo nella creazione, ritenendo «la persona come quanto più di nobile c’è in tutto l’universo» (S. Tommaso d’Aquino). La dignità ontologia ha trovato posto anche in pensatori moderni come Cartesio e Kant e nel personalismo del XX secolo con la riflessione sulla soggettività inter-relazionale. Nella nostra età contemporanea, il termine “dignità” ha trovato espressione nella Dichiarazione dei diritti dell’uomo del 1948 «per sottolineare il carattere unico della persona umana, incommensurabile rispetto agli altri esseri umani» (DI 14). Ma è bene evidenziare che «la dignità non viene concessa dalla persona ad altri esseri umani», perché è intrinseca alla persona, e quindi non può essere né conferita a posteriori né revocata o perduta (DI 15). Su questa linea si pone anche il Concilio Vaticano II, in particolare nella sua Dichiarazione Dignitatis humanæ.

È interessante notare come la Dichiarazione si ponga in una prospettiva di dialogo critico e accogliente (e non di rigetto e condanna). Ad esempio, circa la visione moderna, di filosofi come Cartesio e Kant da un lato si ammette che «hanno messo in discussione alcuni dei fondamenti dell’antropologia classica» e dall’altro si riconosce che in essi – per quanto riguarda la concezione della dignità umana – «si possono avvertire con forza echi della Rivelazione» (DI 13). Anche il riferimento non sporadico alla Dichiarazione dei diritti dell’uomo attesta la volontà di porsi in confronto positivo con il mondo, pur affermando con fermezza la propria posizione (quando, ad esempio, si rimarca la caratteristica intrinseca della dignità, che non può essere conferita – e quindi revocata – da nessuno).

Davide Ambu

 

 

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I seminaristi al Convegno missionario nazionale di Loreto

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A Loreto la 67esima edizione del Convegno missionario nazionale dei seminaristi.

Si è tenuta a Loreto dal 10 al 13 aprile 2024 la 67esima edizione del Convegno missionario nazionale dei seminaristi a cui, insieme al Gruppo di Animazione Missionaria in Seminario del Pontificio Seminario Regionale Sardo, hanno partecipato anche alcuni dei nostri seminaristi.

Sotto lo sguardo della Vergine Lauretana, i seminaristi di tutta Italia hanno avuto l’opportunità di riflettere sull’identità missionaria della Chiesa e, divisi in piccoli gruppi, confrontarsi sui temi legati all’ evangelizzazione nel contesto socio culturale odierno.

Il titolo “Cuori ardenti, piedi in cammino”, ripreso dall’ultima Giornata Missionaria Mondiale ed ispirato al brano dei discepoli di Emmaus, è stato il filo rosso che ha accompagnato testimonianze, momenti di dialogo e confronto e laboratori di gruppo a cui i nostri giovani seminaristi hanno avuto la possibilità di partecipare e i cui frutti sono pronti a mettere a disposizione delle nostre chiese diocesane.

Al termine del convegno don Valerio Bersano, responsabile di Missio Consacrati, ha dato appuntamento a tutti i presenti al prossimo convegno nazionale che si terrà nel 2025 a Reggio Calabria.

Leonardo Piras

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