Proseguiamo con la serie dei contributi (qui il primo) che illustrano i principali punti chiave della Dichiarazione Dignitas infinita del Dicastero per la Dottrina della Fede.
La definizione boeziana di persona (DI 9)
L’introduzione si conclude con un’analisi della definizione classica di persona di Boezio, «sostanza individuale di natura razionale», che va a significare e precisare tutti i termini. Per «sostanza individuale» si intende che la persona è «un soggetto che, ricevendo da Dio l’esistenza, “sussiste”, vale a dire esercita l’esistenza in modo autonomo», per cui la persona gode di dignità ontologica al livello metafisico dell’essere. Per «razionale» si fa riferimento a «tutte le capacità di un essere umano»: non solo le facoltà intellettuali del conoscere e comprendere, ma anche quelle del volere, dell’amare, dello scegliere e del desiderare e quelle corporee ad esse connesse. Si rimarca in questo modo l’importanza della dimensione corporea dell’uomo, spirito incarnato, evitando dualismi anima/corpo di matrice platonica o cartesiana. Il termine «natura» si riferisce alle «condizioni proprie dell’essere umano che rendono possibili le varie operazioni ed esperienze che lo caratterizzano»: la natura è intesa come il «principio dell’agire». Tale natura è un dono ricevuto da far fruttificare nel tempo.
Con queste precisazioni, che distinguono tra sostanza individuale e natura, la Dichiarazione può affermare che se per qualche causa la persona non è capace di mettere in atto le proprie capacità (natura), essa «sussiste sempre come “sostanza individuale” con tutta la sua inalienabile dignità» (ciò vale ad esempio per l’embrione, in chi è privo di sensi, nei momenti terminali dell’esistenza).
La scelta di riferirsi alla definizione boeziana di persona àncora l’argomentazione della dignità alla categoria metafisica di sostanza e riprende il modello classico circa le facoltà dell’essere umano (intelletto e volontà), integrando maggiormente la dimensione corporea. Si assiste quindi ad una ripresa di un linguaggio più proprio della filosofia scolastica, che può segnare un limite nel dialogo con le istanze culturali del mondo contemporaneo, per le quali il lessico classico non è sempre condiviso (ad esempio per le correnti transumaniste e postumaniste). D’altra parte, la sottolineatura delle capacità corporee significate dal termine «razionale» può essere una risposta alle correnti che svalutano il valore antropologico del corpo.
La progressiva consapevolezza della centralità della dignità umana
Il primo capitolo della Dichiarazione traccia una traiettoria ascendente circa la consapevolezza dell’importanza della dignità umana: partendo dall’antichità classica, passando per il mondo biblico e per il pensiero cristiano, viene proposto in estrema sintesi uno sviluppo storico che giunge fino ai tempi odierni. Data la brevità della trattazione, è possibile che il capitolo fosse in origine più articolato e che nelle varie modifiche abbia ricevuto non poche semplificazioni (la traiettoria biblica sulla dignità è tracciata in soli due paragrafi, uno per Testamento).
Se nell’antichità classica l’idea di dignità umana, inizialmente legata all’ambito sociale, viene intesa cosmologicamente (tutti gli esseri hanno dignità propria in base alla loro collocazione nel cosmo) (DI 10), la Rivelazione biblica insiste sul fondamento teologico della dignità dell’uomo, creato a immagine e somiglianza di Dio: «essere creati a immagine di Dio significa, pertanto, possedere in noi un valore sacro che trascende ogni distinzione sessuale, sociale, politica, culturale e religiosa» (DI 11). Escludendo ogni forma di riduzionismo (materiale, psichico, spirituale), il termine «immagine» raccoglie il significato della dignità dell’uomo e della donna. È ciò che viene rivelato nell’Esodo, insegnato nel Codice deuteronomico (Dt 12-16), richiamato con forza dai profeti (con l’attenzione al povero, alla vedova, all’orfano) e ripreso nella letteratura sapienziale. La stessa cura da riservare ad ogni uomo, in quanto creatura scelta e amata da Dio, è quella che viene annunciata da Cristo: l’interesse per degli “scartati” o emarginati (esattori delle tasse, donne, bambini, lebbrosi, ammalati, forestieri, vedove…) rivela «il valore e la dignità di tutti coloro che portano l’immagine di Dio» (DI 12).
Sviluppi storici
La creazione ad immagine e somiglianza è anche la base dell’antropologia cristiana proposta dalla sintesi patristica. Accogliendo criticamente il pensiero filosofico antico, il pensiero cristiano medievale poi riconosce il ruolo singolare dell’uomo nella creazione, ritenendo «la persona come quanto più di nobile c’è in tutto l’universo» (S. Tommaso d’Aquino). La dignità ontologia ha trovato posto anche in pensatori moderni come Cartesio e Kant e nel personalismo del XX secolo con la riflessione sulla soggettività inter-relazionale. Nella nostra età contemporanea, il termine “dignità” ha trovato espressione nella Dichiarazione dei diritti dell’uomo del 1948 «per sottolineare il carattere unico della persona umana, incommensurabile rispetto agli altri esseri umani» (DI 14). Ma è bene evidenziare che «la dignità non viene concessa dalla persona ad altri esseri umani», perché è intrinseca alla persona, e quindi non può essere né conferita a posteriori né revocata o perduta (DI 15). Su questa linea si pone anche il Concilio Vaticano II, in particolare nella sua Dichiarazione Dignitatis humanæ.
È interessante notare come la Dichiarazione si ponga in una prospettiva di dialogo critico e accogliente (e non di rigetto e condanna). Ad esempio, circa la visione moderna, di filosofi come Cartesio e Kant da un lato si ammette che «hanno messo in discussione alcuni dei fondamenti dell’antropologia classica» e dall’altro si riconosce che in essi – per quanto riguarda la concezione della dignità umana – «si possono avvertire con forza echi della Rivelazione» (DI 13). Anche il riferimento non sporadico alla Dichiarazione dei diritti dell’uomo attesta la volontà di porsi in confronto positivo con il mondo, pur affermando con fermezza la propria posizione (quando, ad esempio, si rimarca la caratteristica intrinseca della dignità, che non può essere conferita – e quindi revocata – da nessuno).
Davide Ambu