Passione e studio: tracce teologiche nella letteratura di J.R.R. Tolkien

Passione e studio: tracce teologiche nella letteratura di J.R.R. Tolkien

Passione e studio: tracce teologiche nella letteratura di J.R.R: Tolkien 

Il 23 settembre scorso [2023] si è concluso, con la presentazione dell’argomento di tesi e l’esame de universa theologica, il mio percorso di studio di primo ciclo presso l’Istituto Teologico Leoniano di Anagni. Questo percorso, che mi ha visto protagonista per sei anni in due istituti differenti, è stato frutto dell’unione di due caratteristiche che hanno fatto parte anche dell’argomento presentato nel progetto di tesi: studio e passione.

L’argomento scelto è un qualcosa che mi sono portato dietro nel viaggio da Cagliari ad Anagni quando mi accingevo ad iniziare il II anno di teologia. Il punto di partenza è stato l’elaborato curricolare fatto per il secondo anno di filosofia, in cui grazie alla supervisione del professore di teologia fondamentale Padre Fabrizio Fabrizi SJ ho affrontato il tema della parola secondo il rapporto uomo-uomo, Dio-uomo, uomo-Dio. A partire dalle sue radici greche e latine infatti si sono riscontrate sfumature diverse che poi sono scaturite nell’utilizzo biblico fatto dagli autori ispirati. Da questo punto di partenza ho unito la parte “passionale” legata alla letteratura e al cinema fantasy per ripercorrere l’utilizzo della parola in questo ambito e successivamente come la teologia l’abbia fatta diventare materia di studio.

All’interno dell’iter previsto per il baccalaureato il progetto di tesi risulta essere la parte conclusiva e di valutazione di un corso dell’ultimo anno denominato esame di sintesi in cui, attraverso l’aiuto di un professore incaricato nel corso di tutto l’anno, si è studiato un progetto di tesi in tutte le sue parti vedendole prima in chiave teorica e poi pratica con alcuni esercizi. Durante il baccalaureato vero e proprio, il laureando non affronta una discussione o difesa del progetto di tesi ma, avendone già avuto correzioni e valutazione, si limita a presentare alla commissione una panoramica generale del lavoro svolto, un po’ come mi limiterò a fare io ora sinteticamente.

Come dicevo in precedenza – e ne ho voluto dare risalto anche nel titolo – il mio lavoro è frutto di studio e passione: sono infatti partito da un’opera letteraria quale Il Signore degli anelli di J.R.R. Tolkien, tuffandomi al suo interno in chiave teologica, visionando le scelte dell’autore legate ai temi, alla caratterizzazione dei personaggi e a tutta una serie di caratteristiche che potevano in qualche modo farla diventare uno strumento di evangelizzazione. Perché in fondo è stata questa la domanda che stava alla base del mio progetto: una branca della letteratura “profana” poteva diventare un tramite per trasmettere un messaggio in chiave cristiana?

Dopo questa prima parte legata più al lato “passionale”, mi sono concentrato sullo studio andandomi ad interfacciare con una branca della teologia che dal 1973 si occupa del legame tra letteratura/racconto e teologia, ovvero la teologia narrativa. Lo studio di questa parte mi ha portato a intendere Tolkien, morto proprio nell’anno in cui sorgeva la teologia narrativa, quasi un antesignano dei principi che tale branca teologica sviluppava.

Come ho scritto all’inizio, questo progetto di tesi ha visto, insieme con la mia persona, un attraversamento marittimo in corso d’opera, però senza quello studio sulla parola dentro e fuori la Sacra Scrittura, non ci sarebbe stata la curiosità in me di sviluppare altri modi in cui Dio, al giorno d’oggi, si può mettere in dialogo con l’uomo, facendo diventare una passione un oggetto di studio.

Samuele Mulliri

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Esplorazioni teologiche della letteratura

Esplorazioni teologiche della letteratura

Esplorazioni teologiche della letteratura 

Con l’ultimo esame, sostenuto lo scorso 20 giugno [2023], si è concluso per me il primo ciclo di studi teologico presso la Pontificia Università Gregoriana. Sintesi del triennio di Baccalaureato in Teologia può essere considerato il lavoro di tesi (o meglio, l’«elaborato finale»), redatto nel corso dell’ultimo semestre.

La prospettiva che ho voluto adottare nella redazione della tesi è stata quella della teologia fondamentale, specialmente nell’ambito della Rivelazione, della fede e della loro comunicazione e trasmissione in una cultura. Sebbene la mia formazione accademica sia stata particolarmente scientifica e tecnica, ho scelto di non occuparmi del rapporto tra la fede e la ragione, argomento che aveva già accompagnato i miei precedenti studi universitari ingegneristici (la prima enciclica che lessi, ormai un decennio fa, da giovane matricola che si affacciava al mondo universitario, fu la Fides et ratio di Giovanni Paolo II).

Ho deciso infatti di affrontare il tema della relazione tra fede e letteratura, spinto da alcune motivazioni piuttosto personali. Nell’esperienza pastorale di catechesi con i ragazzi che si preparano a ricevere il sacramento della Confermazione più volte ho fatto uso di testi letterali, con richiami a storie e narrazioni di diversi autori (ad esempio, la conversione dell’Innominato nei Promessi Sposi del Manzoni, o le pennellate con cui Dante descrive San Francesco nel Paradiso) e ho notato come si sono rivelati efficaci modalità di comunicazione di realtà della nostra fede. Durante un anno particolarmente impegnativo, poi, mi ha accompagnato la lettura della Spe salvi di Benedetto XVI e de L’arte di essere fragili di D’Avenia; rincuorato da entrambi gli autori, molto spesso mi accorgevo che ciò che scriveva con precisione il papa teologo non era così diverso da quanto un professore di lettere esprimeva in forma più “poetica”: entrambi parlavano della speranza, cristianamente intesa, in forme tanto differenti quanto complementari. Da queste due esperienze nacque la domanda alla quale la tesi ha cercato di dare risposta: è possibile e giusto adottare le forme ed il modo di pensare della letteratura per annunciare la fede?

Questo interrogativo, che echeggia nel titolo del lavoro («Pulchritudo litterarum et scientia theologiæ ad nuntiandam fidem. Esplorazioni teologiche della letteratura»), ha dato forma all’elaborato finale, articolato in tre capitoli brevemente introdotti in una duplice forma linguistica: dapprima una prosa più letteraria, successivamente un “classico” linguaggio accademico. La stessa soluzione stilistica è riscontrabile nell’introduzione e nella conclusione, al termine della quale è possibile comprendere le motivazioni della scelta (l’invito è alla lettura dal link sottostante). Questo viaggio della teologia nelle terre della letteratura è stato svolto in tre tappe. Nella prima, ho evidenziato come la Parola di Dio (ciò che Dio ha comunicato all’uomo) sia polifonica e una delle voci eloquenti sia la Sacra Scrittura; è emerso così che la Parola divina è stata espressa in parole umane e che la Bibbia può essere considerata come la “letteratura” della Parola, di cui ho sottolineato generi letterari ed alcuni elementi retorici, elementi di opera letteraria.

La seconda tappa ha visto interrogare la storia, mostrando come tra teologia e letteratura ci sia stato un rapporto altalenante, iniziato con un’iniziale affinità che man mano è andata in declino per via dell’influenza sempre maggiore della filosofia nei discorsi su Dio, per poi riprendere spazio nel secolo da poco trascorso. La panoramica sommaria che ho offerto ha rimarcato alcuni passaggi-chiave della storia di questa relazione, quali l’età patristica, il contributo monastico, il trionfo della scolastica, le controversie umanistiche e il Novecento teologico.

L’ultima tappa del viaggio, sintetica del cammino percorso, ha proposto una teologia della letteratura, mostrando come essa possa essere considerata un luogo teologico. Tra gli elementi positivi per un recupero della letteratura nel pensare la teologia va segnalata l’importanza del mondo degli affetti, determinanti nel muovere l’uomo all’atto di fede, all’interno di un paradigma di ragione aperta; ciò è possibile considerando il ruolo dell’immaginazione proposto come ponte per portare ad un nuovo modo di pensare teologico.

Ciò che ho potuto apprendere e apprezzare è che «la letteratura serve a generare domande e a viverle […], serve alla felicità perché ne è la mappa […] è il racconto che consente di realizzare il nostro compito, anche quando abbiamo dimenticato tutto e ci siamo smarriti» (A. D’AVENIA, L’arte di essere fragili, 187-188).

Davide Ambu

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