In simplicitate cordis: grazie Mons. Piseddu

In simplicitate cordis: grazie Mons. Piseddu

Nella certezza della Resurrezione, anche la nostra comunità si unisce al cordoglio delll’Arcidiocesi di Cagliari per la scomparsa di S.E. Mons. Antioco Piseddu, vescovo emerito di Lanusei, avvenuta l’8 giugno 2025 a Cagliari all’età di 88 anni, dopo un periodo di malattia.

Nato a Senorbì il 17 settembre 1936, Mons. Piseddu fu ordinato presbitero il 29 giugno 1960 dall’arcivescovo Paolo Botto per l’Arcidiocesi di Cagliari. Il suo percorso sacerdotale lo vide impegnato come docente nel Seminario Arcivescovile, come collaboratore festivo nella parrocchia di Sant’Ambrogio a Monserrato e come insegnante di Religione al Liceo Ginnasio “Siotto Pintor” di Cagliari. Dal 1969 al 1973, fu segretario del cardinale Sebastiano Baggio, allora arcivescovo di Cagliari. Successivamente, divenne parroco presidente della Collegiata di Sant’Anna, nel quartiere di Stampace a Cagliari.

Il 29 settembre 1981, fu nominato vescovo della diocesi dell’Ogliastra, che successivamente prese il nome di diocesi di Lanusei. Ricevette l’ordinazione episcopale l’8 novembre 1981 per imposizione delle mani del cardinale Sebastiano Baggio. Il 29 novembre dello stesso anno prese possesso della diocesi.

Durante il suo episcopato, che si concluse nel 2014 per raggiunti limiti di età, Mons. Piseddu ha lasciato un’impronta indelebile nella diocesi ogliastrina. Ha promosso la erezione di nuove parrocchie, il restauro di chiese storiche e l’apertura del Museo Diocesano dell’Ogliastra. Ha inoltre istituito il giornale diocesano L’Ogliastra e il Premio letterario San Giorgio, contribuendo significativamente alla vita culturale e spirituale della comunità.

Dopo aver lasciato la guida pastorale della diocesi di Lanusei nel gennaio 2014, Mons. Antioco Piseddu aveva stabilito la sua residenza presso il Seminario Arcivescovile di Cagliari. Qui si è distinto come una presenza paterna e discreta, offrendo ai seminaristi e agli studenti del College universitario San Efisio un esempio di vita sacerdotale vissuta nella semplicità, nella cultura e nella preghiera.

Per quanti hanno condiviso con lui questo tratto di strada, Mons. Piseddu è stato un punto di riferimento autentico: la sua vicinanza quotidiana, sempre attenta e disponibile, è stata per molti un sostegno spirituale e umano prezioso. Il suo stile sobrio, la passione per la Chiesa, l’amore per la liturgia e l’attenzione alla formazione dei giovani lo hanno reso una figura amatissima all’interno della comunità del Seminario.

In lui, seminaristi e studenti hanno trovato non solo un vescovo emerito, ma un padre e un maestro nello spirito.

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La comunità di Elmas: una tappa preziosa

La comunità di Elmas: una tappa preziosa

Anno nuovo, vita nuova… ma la comunità di Elmas come destinazione di pastorale è rimasta! L’anno accademico che sta per chiudersi è stato il secondo anno in cui ho prestato servizio nella parrocchia di San Sebastiano Martire, affidata alla cura puntuale e paterna di don Marco Orrù.

Il vantaggio di tornare in una comunità che ho avuto modo di conoscere già l’anno scorso è stato quello di poter riprendere a fare servizio e mettere subito le mani in pasta nelle varie realtà a cui il parroco mi ha affidato. Sapevo già che avrei trovato una comunità accogliente, un parroco attento alla mia formazione e dei giovani desiderosi di incontri e di chiacchierate nel campo di calcio.

Come lo scorso anno, don Marco mi ha dato la possibilità di seguire la classe di catechismo di seconda media: è stata questa l’occasione per fare esperienza, ancora una volta, di giovani disponibili a lasciarsi prendere per mano, di ragazzi che hanno nel cuore tante e grandi domande e che attendono qualcuno con cui condividerle. Ancora, insieme a Paolo, Cloè e Alessio, abbiamo continuato il percorso già iniziato l’anno scorso con i giovani delle superiori: la preparazione spirituale per il giubileo degli adolescenti e dei giovani ha caratterizzato la maggior parte degli incontri e delle catechesi del sabato sera.

Tra le altre esperienze che sono state occasione di crescita umana, spirituale e pastorale, c’è l’aver affiancato la domenica mattina alcuni catechisti delle classi delle elementari: se i giovani e gli adolescenti mi hanno rapito per le loro domande e per le loro inquietudini condivise, i bambini mi hanno fatto riscoprire il loro modo di vivere la fede con la spensieratezza e la libertà che, spesso, si perde crescendo.

Al termine di due anni di servizio, cerco di fare sintesi di quanto umilmente ho provato a consegnare (poco) e quanto con gratitudine ho ricevuto (tanto!). In particolare, sono grato per aver fatto esperienza di una comunità che, da subito, mi ha accolto come un loro figlio e che mi ha insegnato a camminare insieme, dandosi la mano e mostrandomi concretamente che davvero nella Chiesa nessuno si salva da solo.

Grazie don Marco.
Grazie ai tantissimi adolescenti e giovani incontrati in questi due anni.
Grazie per ogni persona incontrata: siete stati per me riflesso della Chiesa viva, madre e maestra. Porterò con me i vostri volti, le vostre storie, le vostre preghiere. Voi tenetemi nelle vostre!
Elmas rimarrà per sempre una tappa preziosa nel mio percorso vocazionale.

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“Come a casa”: il mio tirocinio pastorale a Sant’Elena

“Come a casa”: il mio tirocinio pastorale a Sant’Elena

Durante il biennio filosofico, ho avuto la grazia di vivere un’esperienza pastorale intensa e profondamente formativa nella Basilica di Sant’Elena Imperatrice, nel cuore di Quartu Sant’Elena. Un cammino vissuto con gioia e gratitudine, che ha segnato in modo...

In simplicitate cordis: grazie Mons. Piseddu

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La comunità di Elmas: una tappa preziosa

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Camminare insieme: volti, voci e vita a S. Giuseppe a Pirri

Camminare insieme: volti, voci e vita a S. Giuseppe a Pirri

Una delle esperienze principali di quest’anno seminaristico è stata il tirocinio pastorale presso la Parrocchia S. Giuseppe a Pirri, accanto al parroco don Roberto Atzori.
Come lo scorso anno, anche quest’anno la catechesi è rimasta uno degli impegni principali. Assieme alle catechiste ho seguito in particolare i ragazzi che si preparano alla Cresima: un gruppo certamente vivace, ma in cerca di vita vera. Non sempre è stato facile coinvolgerli, ma dietro quell’apparenza di disinteresse si nasconde spesso un desiderio di risposte profonde e di relazioni significative. In questo tempo di incontri, di ascolto, di condivisione, abbiamo camminato assieme, offrendo loro occasioni di confronto legate alla loro vita concreta. È stato un cammino certamente impegnativo, ma ricco di incontri veri e di piccole luci che si sono accese durante il percorso.

Una delle novità di quest’anno è stata la possibilità di formare un coro di bambini: non si è trattato solamente di insegnare i canti da eseguire durante la Messa, ma è stata occasione per accompagnare il piccolo gruppo di dodici piccoli coristi in un percorso fatto di ascolto e condivisione. Attraverso la musica, ognuno ha potuto condividere il proprio talento e superare le proprie timidezze. Il canto è stato così strumento di comunione, unendo bambini di età diverse e i genitori che si sono resi disponibili ad accompagnarli in questo percorso.

Un altro ambito che mi è stato affidato è stato l’accompagnamento dei genitori dei battezzandi, sperimentando quanto sia importante accogliere ogni storia e far sentire ciascuno parte di quella grande famiglia che è la comunità parrocchiale.

Infine, una delle esperienze più toccanti è stata la visita e la comunione portata agli ammalati. Non si è trattato solamente di portare Gesù, ma di sostare, esserci, stare nella vita di quelle persone, con rispetto e discrezione. Una sofferenza condivisa, uno sguardo che ti accoglie senza il bisogno di spiegazioni sono piccoli segni che rimangono impressi e mostrano come quella comunione che porti, accade, si realizza lì con loro.

Porto nel cuore tutto ciò che ho vissuto e sono profondamente riconoscente a don Roberto e a tutta la comunità per l’accoglienza e la fiducia che ho ricevuto.

Enrico Muscas

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Gratitudine che deborda: l’esperienza pastorale a San Sebastiano

Gratitudine che deborda: l’esperienza pastorale a San Sebastiano

Gratitudine che deborda: l’esperienza pastorale a San Sebastiano

Sono trascorsi poco più di cinque mesi dall’inizio di questa nuova esperienza pastorale, eppure, piano piano, sta diventando un’esperienza di casa. Quest’anno il Seminario Regionale mi ha chiesto di trascorrere i weekend dedicati alla pastorale insieme a Ivan, seminarista della diocesi di Lanusei, nella parrocchia di San Sebastiano, guidata dal parroco don Michele Fadda.
Fin da subito ci siamo accorti di trovarci in una comunità dinamica, accogliente e piena di vita, nonostante le dimensioni ridotte del quartiere. In questi mesi non posso che ringraziare per questa realtà, dai più piccoli, che ho avuto la gioia di conoscere attraverso il catechismo e il servizio all’altare, fino agli adulti, dai quali ho potuto imparare l’amore e la dedizione alla Chiesa, alla comunità e alle singole persone.
La nostra esperienza a San Sebastiano si sta sviluppando tra incontri di catechismo, celebrazioni eucaristiche e attività di oratorio con gli altri giovani della parrocchia. Questi momenti stanno diventando sempre più occasioni per educarci alla fede e dono di sé nell’incontro con l’altro.
Un ringraziamento speciale va a chi tiene unite tutte le parti e guida questa comunità: don Michele. Sin dall’inizio ci ha accolti con un’amicizia sincera, coinvolgendoci attivamente nella vita parrocchiale e incalzandoci in un confronto e giudizio continuo sulla vita e sulla fede. Quello che emerge chiaramente è un modo e stile di vivere la parrocchia che invita a crescere in umanità e responsabilità, senza dimenticare nessuno, ma valorizzando tutto.
Se non si fosse ancora compreso, l’esperienza di questi mesi è stata un’opportunità per imparare la gratitudine, che apre e libera il cuore. Ed è proprio vero: essa sgorga dai piccoli e grandi segni che Dio lascia nella storia, nella nostra storia di uomini in ricerca di Lui. Nell’incontro con gli altri, questi segni si fanno chiari, luminosi e determinanti.

Giacomo E. Pisano

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“Come a casa”: il mio tirocinio pastorale a Sant’Elena

“Come a casa”: il mio tirocinio pastorale a Sant’Elena

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La comunità di Elmas: una tappa preziosa

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Verso una Chiesa sorella: intervista a S.E. Mons. Farci

Verso una Chiesa sorella: intervista a S.E. Mons. Farci

Verso una Chiesa sorella: intervista a S.E. Mons. Farci

A pochi giorni dalla sua ordinazione episcopale, che avrà luogo domenica 9 febbraio alle 16, nella suggestiva cornice della basilica di Sant’Elena a Quartu, abbiamo rivolto alcune domande a S.E Mons. Mario Farci.

Che ricordi conserva degli anni di discernimento, studio e formazione trascorsi nel nostro Seminario Arcivescovile? Del biennio 1996  – 1998 a contatto con i giovani seminaristi in qualità di  Direttore Spirituale?

Sono entrato in seminario a poco più di tredici anni, nel 1980. Da tempo ero attratto dalla vita della Chiesa e dei presbiteri ma avevo preferito frequentare la scuola media nella mia città. Facevo parte di un nutrito gruppo di chierichetti che, tra l’altro, aveva una nutrita squadra di calcio di tutto rispetto. Erano altri tempi ed era naturale che qualcuno di questi facesse un’esperienza in seminario. Direi che i primi anni di seminario, il ginnasio e il liceo, sono stati i più importanti. Poi ho proseguito giorno per giorno fino al seminario maggiore, dove ho sperimentato la passione per la teologia che mi ha permesso di comprendere la fede in modo nuovo e più profondo.

Una volta ordinato prete sono stato anche padre spirituale nel seminario minore per due anni. Un’esperienza ristretta che mi vedeva soprattutto impegnato nel consolare i ragazzi che avevano nostalgia delle loro famiglie e delle loro case.

Dal 1999 è impegnato come  Cappellano presso la casa di cura S. Antonio in Cagliari. Come il rapporto con la sofferenza e la vita degli altri può continuare a formare un presbitero? Cosa porta via di prezioso dopo 25 anni?

Arrivai ad essere cappellano ospedaliero in modo rocambolesco. Inizialmente ero stato nominato parroco ma, per difficoltà legate al mio predecessore, mi proposero di andare alla casa di cura S. Antonio, dove sono rimasto per più di 25 anni.

Oggi dico che è stata una esperienza bellissima. Anzitutto nel contatto col personale sanitario, persone che lavorano seriamente, sperimentano la durezza del lavoro ma ogni giorno si adoperano per il bene di chi soffre e poi, l’esperienza più bella, con i malati che ti insegnano a vivere. Mi porto dietro tante loro sofferenze e, soprattutto, tanti loro insegnamenti. Ho sempre voluto mantenere questo incarico, anche da Preside. Quando ero preoccupato o in tensione per qualcosa fuggivo in ospedale in modo che tutto venisse ricondotto nei giusti termini e oggi vedo che questi 25 anni sono proprio volati.

Cosa direbbe a un giovane che le confidasse il desiderio di diventare sacerdote?

A questo giovane direi di fare tutto con calma e senza affanni, di cercare di essere un ragazzo normale, di fare un’esperienza di Chiesa. Gli ripeterei la raccomandazione che in questi giorni, molto frequentemente, mi stanno facendo: «Non montarti la testa!». Gli direi che è necessario formarsi bene, il tempo della formazione non è tempo perso: tutto il contrario!

Inoltre, all’interno di questa formazione, forse per deformazione professionale, cercherei di fargli capire che la formazione teologica è indispensabile, che lo studio non è un optional e serve per aprirci la testa e farci interpretare meglio la realtà. Per un presbitero, soprattutto per un parroco, oggi e domani sarà sempre indispensabile.

Cosa le mancherà maggiormente di questa chiesa diocesana che ha servito per quasi 34 anni?

A Cagliari sono cresciuto, mi sono “fatto le ossa”. Direi che la Chiesa di Cagliari è stato il mio habitat naturale. Credo che mi mancherà un po’ tutto l’ambiente, però … Iglesias non è da meno. Le dimensioni sono, certo, più contenute ma credo possa essere un vantaggio. Ho l’impressione che ciò favorisca non poco la familiarità tra presbiteri e, mi auguro, con il Vescovo. Tengo a ringraziare la chiesa di Cagliari per tutto quanto mi ha dato. Mi sento inviato da questa comunità verso una chiesa sorella ma, in fondo, … la famiglia è la stessa!

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