“Charitas Christi urget nos”

“Charitas Christi urget nos”

Le parole dell’Apostolo Paolo, “Charitas Christi urget nos” – «l’amore di Cristo ci spinge» – hanno illuminato la vita di grandi santi della carità come san Giuseppe Benedetto Cottolengo, santa Teresa di Calcutta e il beato Nicola da Gesturi. Oggi, quello stesso amore continua a guidare i passi di noi seminaristi che, anche quest’anno, viviamo un’esperienza di servizio pastorale presso il Presidio Ospedaliero Policlinico Universitario Duilio Casula di Monserrato.

Da circa sei mesi, insieme a un compagno della diocesi di Iglesias, condivido questa particolare esperienza che, ogni volta che faccio ritorno in seminario, mi lascia arricchito nel cuore e nello spirito. La nostra presenza si concretizza nella visita quotidiana ai reparti, dove offriamo la possibilità di ricevere la Santa Comunione o, laddove ciò non sia possibile, un semplice momento di preghiera e di ascolto.

Il cuore di ogni giornata è la celebrazione della Santa Messa, alla quale partecipano non solo operatori sanitari, ma talvolta anche alcuni pazienti. È in queste occasioni che si percepisce con forza la presenza di Dio nei volti, nelle storie e nella fede di chi soffre, offrendo la propria vita con grande fiducia.

Più che dare, riceviamo: riceviamo testimonianze profonde, essenziali per il nostro cammino vocazionale. Accanto all’incontro con i malati, si sviluppa inevitabilmente anche un dialogo umano e spirituale con medici, infermieri e operatori sociosanitari, in un clima di collaborazione e rispetto reciproco.

A guidarci in questo percorso è il cappellano dell’ospedale, don Andrea Piseddu, che non solo ci accoglie, ma condivide con noi momenti di preghiera, dialogo e fraternità, accompagnandoci nel servizio pastorale giorno dopo giorno.

Alessio Pilloni

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La Sardegna nel cuore: Mons. Giuseppe Spiga verso Grajaú

La Sardegna nel cuore: Mons. Giuseppe Spiga verso Grajaú

Domenica 18 maggio, in Brasile, è prevista l'ordinazione episcopale di Don Giuseppe Spiga, missionario fidei donum della Diocesi di Cagliari e nuovo vescovo di Grajaù. Per anni impegnato come formatore nel nostro seminario arcivescovile, Don Giuseppe ha accompagnato...

HABEMUS PAPAM

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Camminare insieme: volti, voci e vita a S. Giuseppe a Pirri

Camminare insieme: volti, voci e vita a S. Giuseppe a Pirri

Una delle esperienze principali di quest’anno seminaristico è stata il tirocinio pastorale presso la Parrocchia S. Giuseppe a Pirri, accanto al parroco don Roberto Atzori.
Come lo scorso anno, anche quest’anno la catechesi è rimasta uno degli impegni principali. Assieme alle catechiste ho seguito in particolare i ragazzi che si preparano alla Cresima: un gruppo certamente vivace, ma in cerca di vita vera. Non sempre è stato facile coinvolgerli, ma dietro quell’apparenza di disinteresse si nasconde spesso un desiderio di risposte profonde e di relazioni significative. In questo tempo di incontri, di ascolto, di condivisione, abbiamo camminato assieme, offrendo loro occasioni di confronto legate alla loro vita concreta. È stato un cammino certamente impegnativo, ma ricco di incontri veri e di piccole luci che si sono accese durante il percorso.

Una delle novità di quest’anno è stata la possibilità di formare un coro di bambini: non si è trattato solamente di insegnare i canti da eseguire durante la Messa, ma è stata occasione per accompagnare il piccolo gruppo di dodici piccoli coristi in un percorso fatto di ascolto e condivisione. Attraverso la musica, ognuno ha potuto condividere il proprio talento e superare le proprie timidezze. Il canto è stato così strumento di comunione, unendo bambini di età diverse e i genitori che si sono resi disponibili ad accompagnarli in questo percorso.

Un altro ambito che mi è stato affidato è stato l’accompagnamento dei genitori dei battezzandi, sperimentando quanto sia importante accogliere ogni storia e far sentire ciascuno parte di quella grande famiglia che è la comunità parrocchiale.

Infine, una delle esperienze più toccanti è stata la visita e la comunione portata agli ammalati. Non si è trattato solamente di portare Gesù, ma di sostare, esserci, stare nella vita di quelle persone, con rispetto e discrezione. Una sofferenza condivisa, uno sguardo che ti accoglie senza il bisogno di spiegazioni sono piccoli segni che rimangono impressi e mostrano come quella comunione che porti, accade, si realizza lì con loro.

Porto nel cuore tutto ciò che ho vissuto e sono profondamente riconoscente a don Roberto e a tutta la comunità per l’accoglienza e la fiducia che ho ricevuto.

Enrico Muscas

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“Charitas Christi urget nos”

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HABEMUS PAPAM

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«Ritrovarsi»: l’esperienza pastorale a San Pantaleo

«Ritrovarsi»: l’esperienza pastorale a San Pantaleo

«Ritrovarsi»: l’esperienza pastorale a San Pantaleo

“Aggiungi un posto a tavola che c’è un amico in più”, così cantava Johnny Dorelli nel 1974. E così è iniziato questo secondo anno di esperienza pastorale trascorso presso la Parrocchia San Pantaleo in Dolianova, amministrata dal parroco don Mario Pili. Difatti, a me e Mario, un compagno proveniente dalla diocesi di Ozieri, quest’anno si è unito a noi anche Lorenzo, dalla diocesi di Nuoro.

Ritornare nella comunità è stato come un ritrovarsi, un risentirsi accolto come in una famiglia. L’esperienza pastorale non è semplicemente un pezzo della formazione in seminario, bensì un fare esperienza di quella missionarietà di cui sono stati investiti gli stessi discepoli, inviati ad annunciare la Parola che salva. Un annuncio che si fa sguardo, gesti, parole.

Il rischio di un secondo anno in una realtà parrocchiale potrebbe essere quello di adagiarsi su schemi prestabiliti; allo stesso tempo, questo può costituire una sfida importante per scendere ancor più in profondità, approfondire relazioni, crescere nella fraternità, esplorare realtà ancora sconosciute.

Dalla celebrazione eucaristica ai momenti di formazione tra Azione Cattolica e catechismo, dall’oratorio alle visite alle famiglie, tutto concorre a gustare la dimensione comunitaria della Chiesa, dove tutti siamo chiamati a vivere come membra vive, nella comunione e nell’Amore.

In quest’Anno Santo, non sono mancate le celebrazioni giubilari nella Cattedrale di Dolia, presiedute dall’Arcivescovo mons. Baturi, dalla celebrazione di inizio Cammino Giubilare alla celebrazione foraniale. Occasioni per fare memoria dell’essere parte della Chiesa Universale che cammina incontro a Cristo, sorretta dalla virtù della Speranza.

Ancora, la presenza ogni domenica di uno dei seminaristi, per la celebrazione eucaristica presieduta da don Francesco Meloni, sacerdote anziano, presso la casa di riposo “Monsignor E. Piovella”, è vivere la misericordia verso gli ammalati alla quale il San Padre ancor più ci esorta in questo Giubileo. Stare vicino agli ammalati e agli anziani è “valorizzare il tesoro che sono, la loro esperienza di vita, la sapienza di cui sono portatori e il contributo che sono in grado di offrire” (Spes non confundit, 14).

Rinnovo la mia gratitudine al Signore per ciò che opera nella comunità di San Pantaleo, per ogni momento donato, e per la sete di incontro e umanità, affinché mai si plachi. La gratitudine a Dio si estende alla comunità intera, dalla quale continuo a imparare a lasciarmi condurre anche come figlio, accolto da una famiglia particolare di Cristo. Ed è gratitudine che si esprime anche verso don Mario che, anche tra le difficoltà, conduce il gregge a lui affidato con gioia, sincerità e umiltà, nella fedeltà a Cristo, Albero da cui sgorga la Vita.

Michele Fanunza

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“Charitas Christi urget nos”

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La Sardegna nel cuore: Mons. Giuseppe Spiga verso Grajaú

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HABEMUS PAPAM

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Gratitudine che deborda: l’esperienza pastorale a San Sebastiano

Gratitudine che deborda: l’esperienza pastorale a San Sebastiano

Gratitudine che deborda: l’esperienza pastorale a San Sebastiano

Sono trascorsi poco più di cinque mesi dall’inizio di questa nuova esperienza pastorale, eppure, piano piano, sta diventando un’esperienza di casa. Quest’anno il Seminario Regionale mi ha chiesto di trascorrere i weekend dedicati alla pastorale insieme a Ivan, seminarista della diocesi di Lanusei, nella parrocchia di San Sebastiano, guidata dal parroco don Michele Fadda.
Fin da subito ci siamo accorti di trovarci in una comunità dinamica, accogliente e piena di vita, nonostante le dimensioni ridotte del quartiere. In questi mesi non posso che ringraziare per questa realtà, dai più piccoli, che ho avuto la gioia di conoscere attraverso il catechismo e il servizio all’altare, fino agli adulti, dai quali ho potuto imparare l’amore e la dedizione alla Chiesa, alla comunità e alle singole persone.
La nostra esperienza a San Sebastiano si sta sviluppando tra incontri di catechismo, celebrazioni eucaristiche e attività di oratorio con gli altri giovani della parrocchia. Questi momenti stanno diventando sempre più occasioni per educarci alla fede e dono di sé nell’incontro con l’altro.
Un ringraziamento speciale va a chi tiene unite tutte le parti e guida questa comunità: don Michele. Sin dall’inizio ci ha accolti con un’amicizia sincera, coinvolgendoci attivamente nella vita parrocchiale e incalzandoci in un confronto e giudizio continuo sulla vita e sulla fede. Quello che emerge chiaramente è un modo e stile di vivere la parrocchia che invita a crescere in umanità e responsabilità, senza dimenticare nessuno, ma valorizzando tutto.
Se non si fosse ancora compreso, l’esperienza di questi mesi è stata un’opportunità per imparare la gratitudine, che apre e libera il cuore. Ed è proprio vero: essa sgorga dai piccoli e grandi segni che Dio lascia nella storia, nella nostra storia di uomini in ricerca di Lui. Nell’incontro con gli altri, questi segni si fanno chiari, luminosi e determinanti.

Giacomo E. Pisano

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Annunciare la bellezza della vita in Cristo: intervista a Lorenzo Vacca

Annunciare la bellezza della vita in Cristo: intervista a Lorenzo Vacca

A pochi giorni dall’ordinazione diaconale, abbiamo rivolto alcune domande anche a Lorenzo Vacca.

Da dove vieni?

Vengo da una semplice famiglia cristiana di Sanluri, della parrocchia N.S. delle Grazie, composta da mio papà Fabrizio, mia mamma Annarita, mio fratello Riccardo e me. A Sanluri, centro sociale e religioso, sono cresciuto e ho mosso i miei primi passi nella vita e nella fede.

Come hai riconosciuto i segni della vocazione al sacerdozio?

Fin da piccolo sono stato educato e cresciuto nella fede e ho sempre nutrito un grande interesse innato verso tutto ciò che riguardava la Chiesa, i riti, le celebrazioni. Crescendo però ho compreso che non era qualcosa di banale o superficiale, ma c’era di più e volevo approfondire. Così stando in parrocchia, dopo la cresima, ho avuto modo di ascoltare la voce del Signore e iniziare un primo discernimento che è sfociato nella decisione di entrare nel seminario minore di Cagliari nel 2015. Non fu una sorpresa per i miei familiari come anche per i parrocchiani, ma al tempo stesso notai che era un annuncio atteso, in qualche modo. Così ho lasciato Sanluri per Cagliari (anche se frequentavo già la città per il Liceo) per vivere nella comunità del Seminario Minore.

Come hai trascorso i tre anni nel seminario minore arcivescovile?

Ero in III superiore e avevo 15 anni. Furono anni di grande speranza, allegria e preghiera: tra noi ragazzi regnava sempre grande gioia nello stare insieme e ora ho tantissimi ricordi molto belli del tempo trascorso lì che per me e tanti altri è sempre stata “casa”.

Come è proseguito il tuo cammino in tempi più recenti?

Nel 2018 ho proseguito il cammino in Seminario Maggiore presso il Pontificio Seminario Regionale Sardo: 6 anni alimentati da preghiera, maturazione, discernimento e scelte condivise con i compagni del seminario ai quali va il mio perpetuo ringraziamento per gli anni passati insieme. Gli studi in Facoltà Teologica mi hanno permesso di alimentare la fede e permettermi di ricercare sempre più il centro della vita cristiana: “Dio è amore; chi rimane nell’amore rimane in Dio e Dio rimane in lui” (1Gv 4, 7). Le diverse comunità che mi hanno ospitato nella pastorale mi hanno permesso di crescere imparando ad avere diverse prospettive per la vita, capendo soprattutto che essa è come un poliedro.

Qualche esperienza fra le tante?

Tra le tante esperienze estive che la diocesi mi ha fatto fare reputo due le più importanti: i pellegrinaggi a Lourdes con l’UNITALSI e il Cottolengo. Oggi mi ritrovo nella bellissima comunità di San Pio X dove presto servizio e annunzio il Vangelo.

Da quest’anno sei iscritto al Conservatorio  di Cagliari per perfezionare i tuoi studi in organo. Come metterai la tua competenza musicale a servizio dell’annuncio e della carità?

Sanluri, si sa, è un centro fiorente della musica: potremmo dire che la musica ci scorre nelle vene e di fatti per me questa è stata come una strada perennemente percorsa nella ricerca del Signore: mi ha accompagnato ed è sempre stata per me, fin da piccolo, strumento per esprimere la lode a Dio attraverso la bellezza e le armonie.

Da tempo ho capito che il dono della musica che ho ricevuto non era un caso e non poteva esserlo. Così la Chiesa ha pensato di investire su questo talento e io stesso ho un sogno: che un domani possa essere uno strumento per annunciare Cristo, una “rete” per pescare gli uomini attraverso la bellezza, l’armonia, la musica infatti. Non l’ho mai nascosto: per me non è mai stato un passatempo ma, come dicevo sopra, la musica è sempre stata per me una “compagna” di vita, un linguaggio diverso dalle semplici parole. In passato ho studiato violino, prima di entrare in seminario minore, e oggi mi ritrovo in Conservatorio a Cagliari al primo anno di accademico di Organo e spero davvero che tutto questo possa essere non solo un servizio per la nostra diocesi ma, soprattutto, uno strumento per annunciare la bellezza della vita in Cristo, la bellezza del Vangelo.

Come ti senti a poche ore dall’ordinazione?

È tanta l’emozione, non lo nascondo, sono passati 10 anni dall’inizio del percorso e quasi non mi sembra vero che sia arrivato questo momento. Sento la mia fragilità, la mia povertà ma percepisco forte la presenza di Dio che mi sorregge: è sua l’opera, non è mia e io lo riconosco pienamente e di questo sono perennemente grato al Signore. Io aderisco a questa sua chiamata, vi aderisco pienamente con gioia e consapevolezza, oltre che con libertà. Sento anche di non essere solo: sento la presenza delle preghiere delle tante persone che mi conoscono, in particolare delle comunità di Sanluri e di San Pio X e chiedo al Signore di aiutarmi ad essere suo strumento di bontà, carità, ascolto, “presenza” che rende presente l’Altro.

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